Le infezioni nosocomiali possono rappresentare concause o addirittura uniche cause sopravvenute da sole sufficienti a determinare l’exitus ovvero la grave invalidità di un paziente.
La legge Gelli ha avvalorato il concetto per cui la responsabilità dei sanitari o della struttura non è incentrata soltanto su profili di inadempimento soggettivo del singolo professionista, ma agisce in un’ottica di prevenzione e organizzazione complessiva, così che, la responsabilità sussiste se non è stato fatto tutto il possibile per evitare il danno.
La Legge Gelli, con focus specifico sulle infezioni nosocomiali, infatti, prevede un sistema di coordinamento ed ottimizzazione per la gestione del rischio (Centro Regionale) nonché di raccolta delle cd. buone pratiche (Osservatorio Nazionale).
Sotto la dicitura responsabilità sanitaria vanno quindi annoverate tra le diverse voci: oltre alle azioni proprie del personale medico ed ausiliario, l’insufficiente ed inidonea gestione delle strutture e l’omessa vigilanza.
In tema di responsabilità civile (art. 7) quindi, la struttura sanitaria o socio sanitaria (sia pubblica che privata) risponde sempre ai sensi dell’art. 1218 e 1228 c.c., anche per l’operato doloso o colposo sia dei dipendenti che dei non dipendenti. Va da se che tra le obbligazioni più importanti poste a carico della struttura sanitaria, di basilare importanza è il garantire locali, mezzi, e dispositivi idonei sotto il profilo igienico sanitario. La struttura, quindi, in quanto ente, è responsabile delle infezioni nosocomiali dovute a microbi e batteri eventualmente ivi presenti.
Il paziente, pertanto, può agire per il risarcimento del danno derivato dall’ omessa vigilanza e controllo ovvero dal difetto di organizzazione, per omissione di tutte quelle norme igienico sanitarie di prevenzione e di sorveglianza, indici di carente organizzazione e malfunzionamento delle attrezzature.